Missa Papae Marcelli (Messa di Papa Marcello), è una messa di Giovanni Pierluigi da Palestrina. È la sua messa più conosciuta e più eseguita, ed è spesso insegnata nei corsi universitari di musica. Fu sempre cantato durante la Messa dell'Incoronazione Papale (l'ultima fu l'incoronazione di Paolo VI nel 1963). Consiste in Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus/Benedictus e Agnus Dei, sebbene la terza parte dell'Agnus Dei sia un movimento separato (designato "Agnus II"). La messa è composta liberamente, non si basa su un cantus firmus o su una parodia e forse per questo non è tematicamente coerente come le messe su modelli di Palestrina. È principalmente una messa a sei voci, ma le combinazioni vocali sono varie nel corso del pezzo; Palestrina compone Agnus II per sette voci, e l'uso di tutte le forze è riservato a specifiche parti culminanti del testo. È ambientato principalmente in uno stile omoritmico e declamatorio, con poca sovrapposizione di testo e una preferenza generale per gli accordi in blocco in modo tale che il testo possa essere chiaramente ascoltato durante l'esecuzione, a differenza di molte messe polifoniche del XVI secolo. Come in gran parte dell'opera contrappuntistica di Palestrina, le voci si muovono principalmente con movimento graduale e la voce guida segue rigorosamente le regole dei modi diatonici codificati dal teorico Gioseffo Zarlino. La terza e ultima sessione del Concilio di Trento si tenne nel 1562-63, durante la quale fu discusso l'uso della musica polifonica nella Chiesa cattolica. Sono state sollevate preoccupazioni sull'uso di musica discutibile, come le canzoni secolari fornite di testi religiosi (contrafacta), e se l'imitazione nella musica polifonica oscurasse le parole della messa, interferendo con la devozione dell'ascoltatore. A partire dalla fine del XVI secolo iniziò la leggenda secondo cui il secondo di questi punti fu lo slancio dietro la composizione di questa messa da parte di Palestrina. Si credeva che lo stile semplice e declamatorio della Missa Papae Marcelli convincesse il cardinale Carlo Borromeo, all'ascolto, che la polifonia potesse essere intelligibile e che la musica come quella di Palestrina fosse troppo bella per essere bandita dalla Chiesa.